domenica 14 dicembre 2008

la formazione permanente


La formazione permanente: introduzione

Se un tempo era usuale tenere separati il momento dell'apprendimento e della formazione da quello del lavoro come momenti distinti della vita dell'individuo, oggi questo si verifica sempre più raramente. Difficilmente è possibile vivere per più di qualche anno dell'eredità che la scuola lascia in termini di preparazione professionale. Da qui l'esigenza di continuare a imparare anche durante la vita lavorativa. I tempi dell'apprendere e del lavorare non possono più restare separati ma in parte si devono sovrapporre: il tempo del lavoro diventa sempre più anche un tempo di apprendimento di conoscenze e competenze necessarie per mantenersi aggiornati e contribuire sia al proprio sviluppo individuale che a quello dell'azienda in cui si lavora. La formazione permanente, intesa sia come formazione generale che come formazione professionale continua, può svolgersi in un'istituzione preposta oppure direttamente sul luogo di lavoro, durante il tempo libero o in occasione di un'attività sociale o culturale.La formazione permanente supera il rigido schema cronologico della formazione tradizionale e istituzionale, facendo riferimento ad un percorso culturale e professionale dove l'individuo ritrova il gusto dell'apprendimento al di fuori del sistema scolastico tradizionale. Le persone possono infatti avviare un percorso formativo professionalizzante che comincia dall'apprendimento programmato delle conoscenze e competenze di base fornite dalla scuola, ma che continua dopo l'inserimento lavorativo sotto la forma di formazione sul lavoro (affiancamento ad altri, alternanza tra momenti di lavoro e momenti di formazione, corsi di aggiornamento veri e propri). Nel caso di professionalità fuori dal mercato del lavoro, la formazione continua diventa particolarmente importante per la riprofessionalizzazione e la riqualificazione dei lavoratori. Il tema della formazione permanente, che non è una novità di questi ultimi anni, recentemente ha assunto grande rilevanza. Da tempo, infatti, le strategie educative adottate dalle istituzioni riconoscono valore centrale alla concezione della formazione come processo che interessa le persone durante l'intero arco della loro vita (nell'istruzione, nel lavoro, nella vita post-lavoro). Un'accelerazione in questo senso è stata data dall'Unione europea che ha fissato (Consiglio europeo di Lisbona, marzo 2000) un obiettivo strategico molto ambizioso: entro il 2010 l'Europa dovrà diventa il sistema economico basato sulla conoscenza più competitivo al mondo. Allo scopo di monitorare costantemente il grado dei progressi ottenuti, il Consiglio dell'Unione europea ha indicato dei parametri, che per il 2010 dovranno essere soddisfatti pienamente. In sintesi, nel complesso degli Stati membri, i tassi di dispersione scolastica si dovranno dimezzare rispetto a quelli rilevati nel 2000, per arrivare nel 2010 ad un valore medio UE non superiore al 10%. Sempre entro il 2010, dovranno aumentare i laureati in discipline matematiche, tecnologiche e scientifiche e, soprattutto, dovrà essere dimezzata la disparità attuale fra i sessi.L'istruzione secondaria superiore dovrà essere stata completata da una quota non inferiore all'85% della popolazione 22enne. Per quanto attiene alla qualità dell'istruzione ricevuta, gli Stati membri dovranno dimezzare la percentuale di quindicenni con difficoltà nella lettura e nel confrontarsi con nozioni matematiche e scientifiche. Infine, le attività di life long learning entro il 2010 dovranno interessare non meno del 12,5% in media della popolazione 25-64enne dell'intera Unione europea. L'Italia, dunque, è chiamata a sostenere sforzi significativi per centrare gli obiettivi europei. Obiettivi ancora più gravosi su alcuni versanti, visto che il nostro Paese sconta un gap formativo che deriva da un lungo arco di tempo in cui i livelli medi di qualificazione della popolazione erano nettamente inferiori a quelli registrati negli altri Paesi economicamente avanzati. Tale divario, tuttavia, è stato ridotto nell'arco dei trascorsi anni novanta ad un ritmo tale che i tassi di scolarizzazione e successo scolastico, limitatamente alle generazioni più giovani, si stanno allineando a quelli degli altri Paesi evoluti.Le risorse messe a disposizione dal Fondo Sociale Europeo hanno dato un ulteriore slancio alla formazione professionale continua, consentendo alle Regioni di promuovere corsi di formazione gratuiti rivolti sia agli occupati che ai disoccupati, con particolare attenzione alle fasce deboli (immigrati, donne, lavoratori in mobilità, giovani in cerca di prima occupazione ecc...). L'articolo 21 della Legge Regionale sul Mercato del lavoro della Regione Lombardia, riconosce a tutti i lavoratori il diritto alla formazione lungo l'arco della vita quale garanzia sostanziale dell'occupabilità e del reddito dei lavoratori e promuove le condizioni per garantirne l'effettività. La Regione promuove altresì interventi di formazione continua, interventi di formazione volti alla riqualificazione, all'aggiornamento o alla riconversione dei lavoratori.

2 commenti:

ely ha detto...

Ciao Giada, riflettendo su quanto hai scritto sulla formazione permanente mi sono resa conto che è quasi impensabile distinguere, ai giorni nostri, il lavoro dalla formazione e dall'apprendere. L'uno integra l'altro in quanto la formazione fornisce la possibilità di aggiornare quello che è il nostro lavoro permettendo anche di accrescere il nostro bagaglio culturale e di star così al passo con i tempi.

Unknown ha detto...

Salve, anche io sono un (pseudo) formatore, anche se nel mio (delirante) blog parlo d'altro.
Mi occupo in prevalenza di Corsi di formazione a pagamento (tra cui corsi liberi autorizzati) e corsi gestiti dal Formatemp.
Ho trovato il tuo link per caso, mentre cercavo informazioni sempre nel campo della formazione.
Trovo la tua iniziativa interessante e spero che continuerai a fornirci interessanti post.